GIOVIO PAOLO (Como,1483 –  Firenze, 1552);

MEDICO, STORICO E BIOGRAFO ITALIANO.

Nacque nel 1483 da famiglia benestante, esercitando il padre l’attività di notaio, svolta anche dal fratello Benedetto, oltre a quella di storico e umanista.  Il Giovio studiò medicina dapprima a Pavia, poi a Padova, e poi di nuovo a Pavia, dove terminò nel 1511 il suo ciclo di studi con la laurea in medicina e in arti liberali. Tornato a Como per esercitare la sua attività di medico, lasciò la città lariana durante un’epidemia di peste e nel 1512 raggiunse Roma.

Nel 1514 insegnò filosofia morale all’università di Roma e nel 1515 passò alla cattedra di filosofia naturale nell’anno in cui manifestò al papa (Leone X) il suo interesse per la storia, presentandogli i primi capitoli delle sue ”Storie”. Furono anni fondamentali questi per la formazione del Giovio storico, in quanto egli si trovò alle dipendenze del cardinale Giulio de’Medici, con la possibilità quindi di frequentare persone di grande importanza e cultura. Decisivo in tal senso anche il suo successivo trasferimento (sempre al seguito del cardinale) a Firenze, dove risedette per sette anni in cui ebbe occasione di incontrare esponenti di primo piano della cultura quali il Guicciardini e il Machiavelli. Nello stesso tempo egli si trovò ad assistere ad eventi storici in prima persona: erano gli anni in cui la riforma luterana aveva provocato i primi scontri in Europa e in Italia (come avvenne nel 1521) e il Giovio incominciò a inquadrare la situazione italiana in un contesto di natura europea. Alla morte di Leone X la guerra si placò e l’elezione papale del fiammingo Adriaan Floreszoon (Adriano VI, ultimo papa straniero prima di Giovanni Paolo II) portò il Giovio nel 1522 ad allontanarsi dalla corte papale per prendere servizio presso il Marchese Adorno di Genova al cui seguito visitò Venezia, Ferrara, approfondendo la sua conoscenza delle corti  di altre città. Il Marchese Adorno però morì l’anno successivo ed egli ritornò presso il cardinale Giulio de’Medici Nel 1523 la morte di papa Adriano VI segnò anche le sorti del Giovio, perché proprio Giulio fu eletto papa con il nome di Clemente VII. Da quel momento la posizione del Giovio presso la corte papale ebbe un notevole miglioramento: nominato membro permanente della corte, continuò a svolgere anche la sua attività di medico, ma soprattutto divenne importantissimo il suo ruolo di consigliere e storico. In tale veste egli intrattenne rapporti con le personalità più importanti che giungevano a Roma e con le maggiori corti italiane, mentre nello stesso tempo riusciva ad ottenere benefici nella diocesi di Como e la nomina di vescovo di Nocera dei Pagani (nell’attuale Campania). Non  ci furono però solo aspetti positivi in questa sua nuova permanenza romana: nella cornice dei nuovi conflitti che si aprirono tra Francia, Venezia e Stato della Chiesa contro le forze imperiali, si collocherà infatti uno dei fatti più tragici della storia italiana di quel secolo e a cui il Giovio assistette suo malgrado: il Sacco di Roma del 1527. Le truppe imperiali in quell’occasione si impegnarono in un saccheggio che durò parecchi giorni e che costrinse il papa e la sua corte a rifugiarsi in Castel S.Angelo dove a stento trovò la salvezza anche il Giovio. Egli poi si diede alla fuga raggiungendo  Ischia, ospite della Marchesa Vittoria Colonna come molti altri che si recavano sull’isola in cerca di un rifugio sicuro durante le guerre. Divenne questo luogo un punto d’incontro per parte della nobiltà del Regno di Napoli, con cui l’umanista comasco tesse nuove conoscenze. Egli ritornò a Roma presso il papa nel 1528, allorché la situazione politica si stabilizzò, per riprendere la sua attività di cortigiano, diplomatico e di letterato. Egli fu tra i consiglieri del nipote dal papa, Ippolito, creato cardinale in età giovanissima. La riconciliazione tra papa e l’imperatore Carlo V sembrava intanto cosa fatta con i preparativi per l’incoronazione imperiale da parte del papa. Il Giovio fece parte della delegazione papale che si recò presso l’imperatore, ricevendo da questi il titolo di conte palatino del Sacro Romano Impero. Avvenuta l’incoronazione (il 24 ottobre del 1530 in S.Petronio a Bologna) la delegazione papale fu al seguito di Carlo V ospite a Mantova presso Palazzo Tè.

Negli anni successivi, ritornato a Roma al servizio di Ippolito, ebbe modo di conoscer anche il Vasari, mentre nel 1531 fece una visita pastorale nella diocesi di Nocera a lui  assegnata.

All’inizio dello stesso anno, il fallito tentativo d’assedio dei turchi a Vienna mise il papa nelle condizioni di indire una crociata contro gli infedeli, a cui avrebbe dovuto partecipare naturalmente anche l’imperatore. A tal scopo il papa  gli versò numerosi denari e inviò una delegazione in Germania di cui fece parte ancora una volta il Giovio e degli eventi che ne seguirono egli ne scrisse nelle sue “ Storie”.

La sua carriera, il suo servizio lo tennero quindi sempre lontano da Como, fino al 1533 anno in cui poté ritornarvi, accolto naturalmente con grandi onori. Egli vi soggiornò fino all’ anno successivo, quando fece ritorno a Roma poco prima della morte di Clemente VII.

A questi seguì l’elezione di Paolo III Farnese, il papa che convocò il famoso concilio di Trento. Morto anche Ippolito d’Este il Giovio si allontanò dalla corte papale ritornando a Como dove si trattenne per circa due anni tra il 1536-1538, dove sfruttò le sue conoscenze per introdursi nell’alta società del capoluogo lombardo; mantenne buoni rapporti con personalità importanti quali  il cardinale Caracciolo, l’ammiraglio genovese Andrea Doria, il Marchese del Vasto e Alfonso d’Avalos, governatore di Milano. Furono questi gli anni in cui il senatore milanese Francesco Sfondato(o Sfrondato), detentore di diritti feudali nei territori lariani, gli commissionò una descrizione di questi territori, la prima che fu mai scritta e che prese il nome di “Descriptio Larii Lacus”. In questo periodo egli maturò anche l’idea di raccogliere ritratti di uomini illustri per farne una “galleria” da rendere visibile al pubblico; un’innovativa idea di museo con fini divulgativi che non aveva ancora trovato realizzazione in nessun luogo e che il Giovio decise di costruire naturalmente a Como. I lavori di costruzione cominciarono nel 1537 sull’ area dell’ attuale Villa Gallia.

In quegli anni egli ritornò a Roma in cui frattanto l’ esigenza di un rinnovo in seno alla chiesa aveva spinto il papa a costringere i vescovi a recarsi permanentemente presso le diocesi a loro assegnate.

Il Giovio, riuscì però, grazie all’ appoggio del nipote cardinale del papa ad evitare di trasferirsi a Nocera, sebbene la sua posizione nella corte non era più quella avuta con Clemente VII.

Dopo un soggiorno a Como per curare la propria salute, negli anni successivi rimase comunque a Roma,  proseguendo soprattutto la sua attività di storiografo di eventi importanti, primo fra tutti, il concilio di Trento (a cui il Giovio però non partecipò) che si opponeva categoricamente alla riforma luterana. Nel 1545 (anno della morte del fratello Benedetto) compose gli “Elogia”, componimenti che descrivevano uomini illustri, un tipo di opera simile a quella compiuta negli stessi anni dal Vasari nella sua “Vite di Artisti”, che infatti ebbe nel Giovio quale aiutante nella fase di progettazione. Egli continuò la sua opera di scrittore a Roma, anche se ritornò a Como nel 1549, dopo che vide sfuggire la possibilità di essere nominato vescovo proprio della città lariana, dopo la morte del titolare della sede vescovile lariana Cesare Trivulzio. 

Da allora si ritirò per dedicarsi alle sue opere, lavoro questo che lo portò anche a viaggiare tra Firenze e Pisa per curarne la pubblicazione.

 

Egli morì nel 1552 e fu sepolto nella chiesa di S.Lorenzo a Firenze.

LE OPERE

Paolo Giovio scrisse numerose opere, quasi sempre in latino, la lingua dei dotti, ma non mancò di scrivere opere in italiano come nel caso delle sue “Lettere”, del “Commentario delle cose de’ turchi”, e dei” Dialoghi delle imprese”. Molteplici i temi da lui trattati, tra i quali naturalmente la storia e le biografie, ma anche l’araldica, la poesia, gli scritti morali, la gastronomia e alcuni suoi scritti rimasero inediti. La sua opera più importante rimane forse gli “Historiarum temporis libri” (“Libri delle storie dei tempi”), che in quarantacinque libri narra le vicende storiche degli anni dal 1494 (discesa di Carlo VIII in Italia) al 1547. Anche se alcuni libri sono mancanti, essa offre un quadro storico che riveste particolare importanza anche perché il Giovio spesso assistette di persona agli eventi narrati o fu comunque un contemporaneo degli stessi.

Di genere storico egli scrisse poi le “Vitae”, che comprendono le biografie dei dodici Visconti, di personaggi eminenti sia del mondo politico (Ferdinando d’Avalos, Alfonso d’Este,ecc..) che del mondo religioso (papa Leone X, Adriano VI e altri cardinali). La sua vocazione biografica si espresse poi anche negli “Elogia”, in cui il racconto (sottoforma di elogio appunto) della vita di personaggi celebri si snoda nella suddivisione tra uomini dall’importante ruolo politico e letterati. Il Giovio ci ha narrato la vita di Dante, di Leon Battista Alberti, dell’Ariosto, ma anche quella di Cristoforo Colombo e di Annibale. La sua passione per la storia sconfinò, come detto prima anche in altri campi, o si univa ad altre scienze come nel caso delle sue opere a carattere storico-geografico e storico-artistico. Del primo tipo fanno parte le “Descriptio Britanniae, Scotiae, Hyberniae et Orchadum” (“Descrizione della Britannia, della Scozia, dell’Ibernia e delle isole Orcadi”), il già citato “Commentario delle cose de’ Turchi”, il “De lagatione basilici Magni Principis Moschoviae (“Sull’ambasceria del principe Basilico di Mosca”, scritto dopo numerosi colloqui con un ambasciatore proveniente da Mosca) e l’opera riguardante la sua città: la “Descriptio Larii Lacus”(“Descrizione del Lago Lario”). Del secondo tipo fanno parte invece la raccolta di “Vite” di famosi  artisti quali Raffaello, Michelangelo, Leonardo. Altri settori di cui egli scrisse furono l’araldica (“Dialogo delle imprese militari e amorose”) e le scienze (“De romanis piscibus”-“I pesci romani”; “De humano victu”-”Sul vitto umano”).

 

Sono naturalmente numerosissime poi le sue “Lettere”, scritte nel corso di  un’intera vita, una vita dedicata alla storia e all’umanesimo e che resero il Giovio una figura di rilievo nel fiorente panorama della cultura italiana cinquecentesca.