COMO, LE ORIGINI

Nella zona di Como, come in altre parti della Lombardia sono state ritrovate tracce di presenza umana a partire dal Paleolitico (tracce di una necropoli sono state ritrovate a pochi chilometri a sud di Como, la così detta “Ca’ Morta”), anche se insediamenti stabili sono databili dall’ XIII-XII secolo circa, dapprima riguardanti la civiltà di Golasecca e poi da parte dei Galli Insubri. Furono proprio loro (III secolo a.C.) a dare vita nel territorio a degli stanziamenti fortificati (i pagi) facenti capo a un “oppidum” un centro maggiore anch’esso fortificato, primo e antico nucleo della città lariana a cui fu dato poi il nome di Comum Oppidum.

COMO ROMANA

Il territorio comasco venne conquistato dalle forze del console romano Marco Claudio Marcello e nel 196 a.C. e da questa data cominciò la storia di Como romana. In una prima fase il centro urbano è una colonia romana a cui viene esteso il diritto latino mentre nel I secolo a.C tramite l’ arrivo di numerosi coloni romani comincia a svilupparsi un grande centro abitato, Novum Comum, che diventa ufficialmente Municipio romano nel 42 a.C con la promulgazione della Lex Iulia da parte di Cesare.

La città si sviluppa, sono costruite le mura, il foro, le terme, templi e ville a testimonianza di una grande vitalità e ricchezza presenti nella zona che la fanno diventare la capitale della XI Regio Transpadana. Novum Comun è uno snodo militare fondamentale ma anche per i commerci con la Svizzera e quindi anche verso il Danubio e il Reno.

Dal punto di vista culturale, la città può vantare personaggi quali i grandi letterati Plinio il Vecchio e Plinio il Giovane (vedi anche approfondimento cliccando sui bottoni sotto) e altri personaggi illustri quali Caninio Rufo (che cantò le imprese di Traiano), Calpurnio Fabato (politico), Pompeo Saturnino e Cecilio (poeti), Atilio Septiciano (grammatico).

Novum Comun è anche citata dal famoso filosofo Strabone, nella sua monumentale opera “Geogafia”.

Foto sopra: Le due statue di Plinio il Vecchio e Plinio il Giovane sulla facciata del Cuomo.

Foto a sinistra: resti romani, fino a qualche anno fa visibili in Viale Lecco.

como medievale

Al periodo romano segue quello della decadenza, delle invasioni barbariche, come in gran parte del territorio italiano: il territorio comasco e lombardo deve subire le scorrerie degli Alemanni (353), degli Unni (450 circa) e in seguito dei Goti.

E  come nel resto della penisola le funzioni di “potere statale” vengono spesso assunte dalla chiesa, soprattutto nella figura del vescovo cittadino.

Il primo vescovo di Como è Felice, nominato da Ambrogio nel 386 d.C, ma è con la figura di S.Abondio (patrono della città) che la chiesa comincia a rivestire un’ importanza sempre maggiore sulla città e il territorio. Egli fu anche legato papale presso l’ imperatore a Costantinopoli e partecipò al grande Concilio di Calcedonia del 451. E proprio a cause delle dispute nate in questo concilio si ha lo Scisma dei Tre Capitoli per cui la diocesi di Como decide di legarsi all’ importante diocesi di Aquileia invece che a quella di Milano. Uno scisma durato fino al 1789.

Sant' Abbondio confessa gli eretici.

Rilievo quattrocentesco dell' altare di Sant' Abbondio nel duomo di Como.

Successivamente il territorio comasco fece parte del regno longobardo, il cui re Alboino aveva conquistato Milano nel 569. Da segnalare durante il loro regno la regina Teodolinda, di fede cattolica, che diede nuova spinta all’ evangelizzazione dei territori sottoposti al dominio longobardo e che fece aprire una nuova via di comunicazione tra Como e Chiavenna, la via Regina, che porta ancora il suo nome.

Da segnalare anche che nell’ Editto di Rotari (re longobardo) del 643 compare per la prima volta il nome dei Maestri Comacini, costruttori e marmorari dalla grande perizia e capacità artistica che diedero un contributo fondamentale al sorgere dell’ architettura romanica.

Nell’ VIII secolo dopo lunghi scontri tra Longobardi e Franchi questi ultimi ebbero la meglio assicurandosi il controllo dell’ Italia settentrionale. Como diviene capoluogo di contea del regno franco, viene dotata di un sistema di castelli e fortezze per il controllo del territorio.

La vera “forza” politica locale rimane quella ecclesiastica comunque e a dimostrazione di questo al vescovo di Como nel 824 viene concessa l’ immunità su tutti i beni della diocesi, decretando così di fatto un controllo da parte dello stesso praticamente su tutto il territorio lariano.

Entrata a far parte del Sacro Romano Impero fondato da Carlo Magno, la città nei secoli X-XI vede la rinascita dei commerci e della vitalità cittadina. Si apre poi la fase comunale, dove Como deve rivaleggiare con la vicinissima e potente Milano, spesso arrivando a vere e proprie guerre. Un primo conflitto tra le due città si ebbe tra il 1117 e il 1127, nel 1277 le forze milanesi distrussero Como costringendola ad una pace umiliante.

Durante lo scontro tra i Comuni lombardi e l’ imperatore Federico Barbarossa i comaschi si schierano con quest’ ultimo. In una prima fase (1554-55), favorevole all’ imperatore, Milano si vede costretta alla resa; a Como vengono rinforzate le difese, la rete muraria e lo stesso Barbarossa è ospitato al Castel Baradello nel 1160.

Dopo la sconfitta del Barbarossa da parte della Lega Lombarda (1176) e la firma della Pace di Costanza (1883) Como, che aveva sostenuto l’ imperatore sconfittosi deve rinunciare ad alcuni XX territoriali e valichi a favore di Milano, ma la città rimane autonoma, tanto che alla fine dello stesso secolo viene costruita la torre d Porta Vittoria, detta Porta Torre di base quadrata e alta quaranta metri.

Il periodo comunale vede anche la costruzione dei capolavori del romanico comasco: le chiese di S. Carpoforo, S. Abbondio, S. Fedele, San Giacomo e San Provino. Nel 1215 viene eretto il Broletto con funzione di sede amministrativa e giudiziaria.

E’ in questo luogo che esercita il potere il podestà, un nobile forestiero a cui vengono dati in forma temporanea i pieni poteri cittadini in un epoca di grande sviluppo sia dal punto di vista artistico, urbanistico e commerciale, come testimonia l’ introduzione della manifattura della lana, che avrà un ruolo fondamentale nell’ economia della città.

 

Immagine a sinistra: Statuti cittadini del 1296 (Archivio di stato, Como).

Immagine a destra: Mezzogrosso coniato a Como alla metà del XIII secolo.

 

Dal 1250 circa diverse famiglie nobili e fazioni si contesero il dominio cittadino, come avvenne anche in altre città italiane: Vitani, Rusca, Lambertenghi, Della Porta, Panteri, Vacani, Quadri furono protagonisti di numerose lotte in tal senso mentre sulla città incombeva la lunga mano dei Visconti, signori di Milano che già nel 1292 erano riusciti ad impadronirsi momentaneamente della città.

Nel 1335 Franchino Rusca si ritira dal governo cittadino e cede la signoria di Como a Azzone Visconti. Da questo momento la città lariana entra a far parte dei domini milanesi che costituiranno il Ducato di Milano.

Nonostante due brevi “fiammate” di restaurazione dell’ autonomia cittadina (con Franchino Rusca nel 1402 dopo la morte di Gian Galeazzo Visconti e nel 1447 ala morte di Filippo Maria Visconti con la nascita della Repubblica di S. Abbondio) la città si sottomise a Francesco Sforza, nuovo duca di Milano, nel 1450 pur mantenendo un trattamento di favore per quanto riguarda le tasse e i dazi commerciali.

Dal punto di vista culturale tra la seconda metà del XV secolo e la prima metà del XVI vanno segnalate alcune importanti figure comasche: Paolo Giovio, grande intellettuale e teorico, il fratello Benedetto,  anch’ esso letterato e il cardinale Tolomeo Gallio, che fu anche segretario di stato pontificio e grande benefattore. Per un approfondimento sui fratelli Giovio cliccare sui bottoni sotto).

Da sinistra verso destra: ritratto di Paolo Giovio (Musei Civici), ritratto di Benedetto Giovio (Ritratto, Musei Civici), ritratto di Tolomeo Gallio.

l' ETA' MODERNA

Dopo un periodo di grande travaglio dovuto alle Guerre d’ Italia di fine ‘400 e inizio ‘500 con il passaggio degli eserciti di diversi stati e il cambio continuo di conquistatori  stranieri in Lombardia, con la Pace di Cateau-Cambresis del 1559, la Lombardia, e quindi anche Como passa sotto il dominio della corona spagnola nella figura del Governatore.

Sotto il dominio spagnolo non si può certo dire che aprì per Como (ma anche per tutta la lombardia) un periodo di prosperità e ricchezza, anzi, e se è rimasto famoso il quadro a tinte fosche tratteggiatoci dal Manzoni nei suoi “Promessi sposi” in tal senso, a conferma di questo proponiamo un pensiero di un altro letterato, Cesare Cantù:

[…] Lecco e la Riviera e la Brianza venner allora col Milanese a signoria di Spagna. E qui comincia l’età più indecorosa e anche la più sofferente della Lombardia. Gli spagnoli, governando alla militare, costretti a far denari, e né conoscendo la magia del credito, né la potenza dell’amministrazione, vi supplivano col cedere le terre in feudo, vale a dire venderne il dominio e le entrate ad una famiglia, che vi esercitava i diritti più preziosi della sovranità, la giustizia fino al sangue, l’impor tributi, levare milizie. E’ un secondo feudalesimo, che non ebbe l’opportunità né recò i vantaggi del primo, che svigoriva la potestà pubblica, ma senza vantaggio dè popoli, i quali anzi soffrivano vieppiù sotto un tiranno più immediato; donde l’odio che rimase al nome di feudo.[…]

Como comunque alla fine del ‘500 ha ancora un’ attività economica florida visto che per volumi d traffici in Lombardia è seconda solamente a Milano e Cremona.  A beneficiare di questi commerci erano soprattutto alcune famiglie che cominciarono a costruirsi lussuose dimore nella città: Palazzo Giovio, Palazzo Olginati, Palazzo Rusconi, Palzzo Volpi, Palazzo Pantera, per citarne alcuni.

La ricchezza di alcune famiglie comasche è testimoniata anche dal celebre Benedetto Odescalchi, nato nel 1611 a Como d famiglia patrizia ed assunto al soglio pontificio nel 1676 col nome di Innocenzo XI (nell’ odierna Via Volta è ancora presente il palazzo di questa famiglia risalente al XIII secolo).

Innocenzo XI in un busto di Domenico Guidi.

La crisi della manifattura e dell’ economia cittadina si avverte però col passare degli anni quando la pressione fiscale spagnola si fa sempre più aggressiva. Il persistere della presenza di soldati stranieri nei vari periodi di guerra era fonte di continui saccheggi e ruberie. A questo si devono aggiungere le epidemie di peste del 1630-31 (che causò la morte di quasi metà della popolazione cittadina) e degli anni ’70, alcuni anni di carestie e la terribile piena del lago del 1673.

Tra il 1713 e il 1715, i Trattati di Utrecht e Rastadt misero fine alla lunga Guerra di Successione per il trono spagnolo (1700-1713) tra i grandi regni europei seguita alla morte senza eredi del re spagnolo Carlo II. Co questi trattati la Lombardia e quindi anche il territorio comasco vengono assegnati alla dinastia degli Asburgo, che vi regneranno fino al Risorgimento.

Sotto il dominio di Carlo VI d’ Asburgo prima e di Maria Teresa d’ Austria poi ci furono un serie di riforme in campo amministrativo e commerciale che ebbero effetti positivi sui commerci e la ripresa dell’ economia e non solo: tra il 1731-1740 Domenico Fontana realizza la cupola del Duomo progettata da Filippo Juvarra, fu poi realizzato il primo catasto delle proprietà e dei terreni per migliorare il criterio di tassazione, furono eliminati alcuni dazi e soprattutto l’ industria tessile ebbe la concessione di numerosi privilegi.

Mappa del catasto teresiano disegnata da P.Banfi nel 1722 (Milano, Archivio di Stato).

 

E’ questo il periodo in cui comincia l’ età d’oro dell’ industria serica comasca, sia per l’ aumento dell’ allevamento del baco da seta e della lavorazione del tessuto grazie all’ introduzione di un numero sempre maggiore di filatoi ad acqua.

La stagione riformista proseguì con gli imperatori Giuseppe II e Leopoldo II; in campo religioso ad esempio si ebbe  l’ Editto di tolleranza del 1781 che sanciva la libertà di culto per protestanti e ortodossi, vennero chiusi gli ultimi tribunali dell’ Inquisizione e tutti i monasteri in cui vivevano ormai solo pochi religiosi.  

In campo urbanistico ci fu negli anni ’80 l’ interramento del fossato cittadino e la pose delle prime targhe con i nomi delle vie e numeri civici.

A fine secolo cominciarono a sorgere ricche ville ai bordi del lago come Villa Olmo, Villa Salazar, Villa Saporiti (vedi Passeggiata delle ville).

Ville neoclassiche in Borgo Vico (incisione di G.Mantelli, Como, Collezione Bottega della cornice).

 

Parlando di storia comasca del XVII secolo non si può non citare del grande Alessandro Volta, nato a Camnago (alle porte della città) nel 1745 che dedicò la propria vita alla ricerca scientifica e a cui la città ha dedicato il Tempio Voltiano eretto nel 1927 in occasione del centenario della sua morte (per un approfondimento cliccare sul tasto Alessandro Volta).

Alessandro Volta in un' incisione del 1882.
Alessandro Volta in un' incisione del 1882.

Alessandro Volta in un' incisione del 1882.


Il ‘700 fu un secolo di grandi cambiamenti, non solo in ambito scientifico e filosofico (si pensi all’Illuminismo), ma addirittura rivoluzionario nel suo termine ultimo, in quanto che, partendo dalla Rivoluzione francese (1789), fino all’ ascesa nella politica europea della stella di Napoleone Bonaparte, l’Europa viene trascinata in un vortice di grandissimi cambiamenti politici. Per ciò che riguarda la penisola italiana, le conquiste del generale còrso portarono  l’ex-stato di Milano (quindi anche Como) a far parte della Repubblica Cisalpina (1797), della Repubblica Italiana (1802) e infine del Regno d’Italia proclamato nel 1805. Como è a capo del Dipartimento del Lario il quale comprendeva i distretti di Lecco, Varese, Sondrio, molte terre milanesi, la Valle d’Intelvi e i vecchi feudi imperiali di Campione.

Da ricordare, parlando di Napoleone e di Como, che egli il 4 maggio 1796 pernotta a Villa Saporiti.

La successiva caduta di Napoleone trascina con se molte sue creazioni politiche: il Regno d’Italia scompare nel 1814 riportando il dominio asburgico sui territori lombardi che durerà fino al periodo rinascimentale.

Del periodo napoleonico rimase la strada che collega il centro città con le strade per Milano, Varese, Cantù (chiamata infatti Napoleona), quella che collega Como a Milano e alla Liguria (strada dei Giovi) e il Teatro Sociale situato alle spalle del Duomo.

IL RISORGIMENTO

Dopo la parentesi napoleonica e il Congresso di Vienna, Como, come il resto dei territori lombardi, ritorna sotto il dominio austro-ungarico il cui governo cerca di creare un’interazione economica tra le varie parti dell’impero intervenendo con dazi e altre misure causando lo sviluppo o il ristagno di determinate attività. Oltre alla manifattura della seta, rimase importante nella città lariana il settore della lana. Per favorire le comunicazioni tra i territori tedeschi ed italiani, vengono aperti i passi dello Spluga (1825) e dello Stelvio (1831), quest' ultimo collegato con Milano grazie alla costruzione negli anni 1825-32 della strada sulla sponda orientale del lago che collegava Lecco, favorendo i trasporti ed il commercio in tutto il territorio.

Oltre ai collegamenti stradali, anche quelli lacustri subiscono significativi miglioramenti: il 29 luglio 1826 viene varato di fronte alla spiaggia di Villa Olmo il “Lario”, primo traghetto a vapore in funzione sul Lago di Como per la navigazione civile a cui viene affiancato dopo un breve periodo il “Plinio”. Essi permettevano di coprire la distanza Domaso-Como in quattro-cinque ore invece che nelle solite dodici.

Di pari passo alla navigazione civile progredisce quella riguardante le merci, trasportate con mercantili e numerose altre barche provenienti dai cantieri navali comaschi, nei quali la produzione fu quindi in continuo aumento.

Como diventa così  il  crocevia fondamentale dei traffici tra Milano e i paesi a nord delle Alpi.

Anche l’urbanistica subì mutazioni: completato il riempimento dei fossati cittadini furono piantati numerosi platani che definirono nuovi viali alberati.

 

G.Bisi - Veduta della Villa Raimondi presso Como un momento dopo l’arrivo di S.M. l'imperatore Ferdinando I. Incisione di L.Cherubin da “Album esposizione di belle arti” – Canadelli, Milano 1839-Como, Biblioteca Comunale.

 

Dal punto di vista politico, verso la metà del secolo, anche il territorio comasco venne interessato dal movimento antiaustriaco. Como, infatti, per la sua vicinanza alla Svizzera, fu utilizzata per la circolazione di materiale clandestino. Tra i primi ad occuparsi concretamente di attività politica vi furono il conte Luigi Porro Lambertenghi, che fondò il giornale “Il Conciliatore” pubblicato a Milano e Maurizio Monti, autore di una “Storia di Como”, condannato dal governo austriaco per le proprie idee progressiste.

Un altro intellettuale di rilievo che pagò per le sue idee liberali fu Cesare Cantù, sollevato dall’ incarico di insegnante e incarcerato nel 1831.

Le aspirazioni politiche nazionali, manifestate con i tentativi falliti di insurrezione in Lombardia degli anni 1833-34, raggiunsero l’apice nel fatidico anno 1848: il 20 marzo, due giorno dopo la sollevazione di Milano contro gli austriaci, anche la popolazione comasca insorse costringendo alla resa la guarnigione asburgica presente in città.

La sconfitta di Carlo Alberto nella prima guerra d’indipendenza italiana soffocò tali aspirazioni, il dominio austriaco fece sempre più repressivo e furono soppresse la libertà di stampa e di riunione.

Proseguivano però le opere pubbliche: nel 1849 divenne operativa la prima ferrovia lombarda che collegava Milano a Como in circa un’ora e mezza. Dopo pochi anni, nel 1857 vi fu l’ampliamento del porto con la costruzione della diga foranea.

Intanto si preparava un nuovo conflitto tra l' esercito sabaudo e le forze imperiali austriache e quando incominciano i preparativi migliaia di volontari si sottraggono alla leva asburgica per recarsi in Piemonte ed entrare nell’ esercito dei Savoia.

A Como un comitato clandestino organizza un corpo di 3600 volontari inquadrati nei Cacciatori delle Alpi, sotto il comando di Giuseppe Garibaldi. Fu proprio quest’ultimo nel 1859 durante la II guerra d’ Indipendenza, che vincitore a S.Fermo entra trionfalmente in Como liberata che, con il resto della Lombardia, entra a far parte del Regno di Sardegna e nel successivo Regno d' Italia (17 marzo 1861).

L’eroe nizzardo (ricordato con una statua in Piazza Vittoria appena fuori dal centro storico), fu ospite in città del marchese Rovelli nel palazzo di Piazza Volta, dove una lapide ricorda l’episodio.

 

 

Le storie, le memorie e le gesta degli eroi risorgimentali sono raccolte presso il Museo Storico Giuseppe Garibaldi e a Palazzo Cernezzi (Municipio)

Il Museo Storico Giuseppe Garibaldi fu istituito nel 1932 nelle sale di Palazzo Olginati, in seguito al lascito fatto al comune di Como da questa nobile famiglia, che più volte aveva ospitato il Generale.

In particolare Como ricorda tra gli eroi di quelle battaglie Giuseppe Sirtori, Paolo Carcano, e il capitano De Cristoforis, caduto a S.Fermo, al quale è dedicata una caserma cittadina.

A sinistra: S. De Albertis - La morte del capitano De Cristoforis nella battaglia di S.Fermo – Como, Museo Storico G.Garibaldi.

A destra: A.Centenari - Arrivo di Garibaldi il 12giugno - (Xilografia da “L’Emporio Pittoresco” del 22-28 luglio 1866) - Como, Biblioteca Comunale.

Nel periodo post-unitario Como divenne uno dei centri più importanti di produzione di seta greggia con la larga diffusione di telai meccanici (anche se numerosi telai a mano rimanevano presenti in campagna) superando di gran lunga per produzione anche Milano ed esportando i propri prodotti in tutta Europa.

Essendovi necessità di telai meccanici (passati da circa 800 nel 1890 a 6000 agli inizi del ‘900) anche l’industria meccanica ebbe notevoli sviluppi, in quanto divenuta indispensabile.

La ricchezza poi di fonti d’acqua per lo sfruttamento dell’energia idraulica nel territorio, rese attivissimo il binomio filatura-torcitura: il comasco provvedeva infatti all’80% della torcitura nazionale.

 

Telaio meccanico-sistema Bertolotti, costruito da Gaetano Riva meccanico in Como, 1899 circa.

Como,Biblioteca Comunale, fondo fotografie.

 

In città compaiono anche nuove e numerose testate giornalistiche: “Il Corriere del Lario”, “La Gazzetta di Como”, “Il XXVII Maggio”, “Il Progresso”, “Il Baradello”, ”L’Operaio”, “L’Ordine”. Infine è da segnalare anche, nel 1892, la nascita del quotidiano “La Provincia”. Questi giornali si occuparono sia di cronaca che di politica e temi sociali, come fece soprattutto Il Lavoratore Comasco", settimanale della Società Civile di Previdenza e Indirizzo al Lavoro che fu anche promotrice dei primi scioperi.

 

In ambito politico si segnala a Como Paolo Carcano esponente di punta dell’area democratica, più volte deputato e ministro.

Prima pagina de "La Provincia Di Como".

Sul fronte dei trasporti, dal 1875 Como è collegata a Chiasso tramite ferrovia, viene finito il collegamento tra Camerlata e Como (venne inaugurata la stazione di S.Giovanni) e con Varese-Laveno.

L’illuminazione cittadina, fino agli anni 1863-64 basata sui lumi ad olio, viene rimpiazzata da quella a gas.

Nel campo della ricerca storica e delle arti vanno segnalate la nascita della “Rivista Archeologica Comense”, il “Periodico Storico Comense”, espressione di importanti associazioni che si fecero promotrici di attività archeologiche e di restauro del patrimonio storico-artistico comasco. 

IL NOVECENTO

Agli inizi del XX secolo Como è un attivo centro industriale che conta circa 40000 abitanti. L’espansione della tessitura serica ne fanno il più importante centro in Italia per tale lavorazione, ma anche altri settori si distinguono per vitalità. E’ questo il caso delle tintorie, dell’industria meccanica, della lavorazione delle pelli, del legno e dell’edilizia, anche se erano frequenti lotte operaie e scioperi per migliorare il livello dei salari (nel 1901 nasce la Camera del Lavoro di Como). 

L’elettricità, a cui il Volta si era dedicato per anni, è ormai entrata a far parte della vita cittadina: l’ illuminazione elettrica ha soppiantato progressivamente quella a gas, le linee urbane elettriche di trasporto sono regolari a partire dal 1905, mentre nascono le prime sale cinematografiche. 

 

A sinistra: una filanda negli anni 1920-30 circa - Como, Istituto Comasco per la Storia del Movimento di Liberazione.

A destra: uno dei primi lampioni utilizzati per l' illuminazione cittadina.

 

La prima guerra mondiale (1915-1918) porta però anni di crisi economica e sociale: negli anni 1922-23 c'è il crollo dell’allevamento del baco da seta mentre gli operai si rendono protagonisti di lunghi periodi di scioperi e di occupazione delle fabbriche, a causa anche del rincaro dei prezzi.  

La città alla fine del conflitto conta inoltre più di  600 caduti, tra i quali Antonio Sant’Elia, l’architetto firmatario del Manifesto dell’ Architettura Futurista e di numerosi disegni e progetti, raccolti ora presso la Pinacoteca civica

In questi anni di forti tensioni sociali si aggiunge l’intervento del movimento fascista, che inizia la pubblicazione del “Gagliardetto”, settimanale dei fasci di combattimento della Provincia di Como che si rendono protagonisti di numerose azioni violente e di intimidazione con le proprie “squadre”.

Dopo la Marcia su Roma compiuta da Benito Mussolini il 28 ottobre 1922 i fascisti occupano Questura, Poste, Telefoni. 

Dopo la soppressione dei partiti (1926) e dei giornali di opposizione, l’antifascismo poté sopravvivere solamente in maniera clandestina con il rischio di pene durissime, quali il confino o rappresaglie. Ancora una volta Como, per la sua posizione di confine, diventa un punto di riferimento per le organizzazioni clandestine in Italia e all’ estero. 

 

La situazione economica intanto peggiora ulteriormente: nel 1931 la svalutazione della sterlina inglese riduce notevolmente i crediti delle aziende, per le quali il mercato anglosassone dei tessuti era fondamentale. Impiegando però fibre diverse e artificiali (rayon), filatura e torcitura mantennero un buon livello di produzione, mentre crebbe d’importanza il settore chimico-tessile della tintoria. 

 

Del periodo fascista a Como rimangono importanti tracce dal punto di vista architettonico; furono questi infatti gli anni in cui opera Giuseppe Terragni. A lui si deve la realizzazione di opere razionaliste quali l’unità di abitazione denominata Novocomum, il Palazzo del Fascio, l’Asilo Sant’ Elia e l’adattamento del “Monumento ai caduti”, voluto dal regime stesso, su rielaborazione di un progetto del Sant’Elia.

Nel 1927, in occasione del centenario della morte di Alessandro Volta, venne eretto il Tempio Voltiano, a ricordo  del celebre fisico e per contenere il materiale a lui appartenuto.

Foto sopra: a sinistra il Novocomum, a destra l' Ex-Palazzo del Fascio, entrambi progettati dall' architetto G.Terragni.

Foto a fianco: il Monumento ai caduti che sorge sulla riva del lago.

La vitalità artistica della città si mantiene anche negli anni ’30:  Como è infatti un punto di riferimento per l’astrattismo italiano, grazie alla ricerca in campo pittorico di artisti quali Mario Radice, Carla Badiali, Manlio Rho, Aldo Galli

Per quanto riguarda l’urbanistica compaio ponti e viadotti, nel 1925 entra in funzione il tronco dell' Autostrada dei laghi Lainate-Como che insieme allo scavo di grandi trafori produce la nascita di flussi di traffico di portata continentale.

A cavallo tra gli anni ’20 e ’30 furono costruiti poi edifici sia di pubblica utilità che di svago; nella zona orientale del lungolago furono costruiti (1927-33) lo stadio, le strutture della Canottieri Lario, la palestra-piscina dell’Opera Nazionale Balilla, l’Aeroclub Ghislanzoni e il nuovo ospedale S.Anna.

 

Foto sopra: a sinistra lo stadio Giuseppe Sinigaglia e la sede della Società Canottieri Lario Giuseppe Sinigaglia.

Foto sotto: realizzazione del viadotto autostradale Milano-Como-Chiasso; foto Cornelio Beretta (Como, Istituto comasco Storia del Movimento di Liberazione).

 

Sono questi gli anni in cui si assiste anche a una nuova fase di espansione del contrabbando, anche a causa del ritiro dei passaporti, che aumentava le difficoltà di trovare lavoro. Una delle figure che contribuì a rendere “epiche” le vicende dei contrabbandieri fu Clemente Malacrida detto “Matt” o “il duca dei contrabbandieri”, che per anni sfuggì alla cattura della Guardia di Finanza, fino al 1936, anno della sua morte.  

 

La città affronta un nuovo periodo di difficoltà poi alla metà del secolo circa, in coincidenza della Seconda guerra mondiale: oltre alla crisi generata da tale conflitto che porta alla chiusura di gran parte dei negozi per mancanza di merce e alla generale mancanza di cibo e vestiario, va ricordato che dal 1940 fu attiva a Como e nel suo territorio la lotta partigiana per la sconfitta del fascismo, iniziata nello stesso anno con la creazione del Comitato Antifascista. 

Tra gli episodi che riguardano il periodo bellico è d’obbligo ricordare la vicenda del comasco Giorgio Perlasca, venuta alla ribalta delle cronache italiane solo dopo un lungo silenzio di decenni. Egli fu un semplice commerciante che riuscì a salvare dai nazisti migliaia di ebrei ungheresi dai campi di concentramento spacciandosi per l’ambasciatore spagnolo a Budapest tra il dicembre del 1944 e il gennaio del 1945.

Per un approfondimento sulla straordinaria storia di Perlasca cliccare sul bottone sottostante o potete guardare i video "Documentario Giorgio Perlasca - la storia maestra di vita" (realizzato dalla Fondazione Giorgio Perlasca) e l' intervista allo stesso Perlasca realizzata dalla televisione svizzera nel 1990. 

 


Distribuzione della legna ai poveri, 1940 circa - Como, Archivio Ufficio Tecnico Comunale.

Dopo l’armistizio dell’8 settembre del 1943 con le forze alleate e il disfacimento dell’esercito nazionale Como viene occupata dalle truppe naziste (12 settembre) e migliaia di militari e civili fuggirono come profughi nella vicina Svizzera. 

Per la prima volta si assiste nel territorio comasco a un contrabbando “al contrario”, con il passaggio cioè di merci (soprattutto generi alimentari come il riso del vercellese e vestiti) da Como verso la Svizzera.

Nel 1944, il Comitato Antifascista diventa il Comitato di Liberazione Nazionale  che opera con azioni partigiane anche nel centro cittadino e lungo le vie di comunicazione.

Le sorti del conflitto sfavorevoli alle forze nazi-fasciste costringono Mussolini a lasciare Milano e a raggiungere Como il 25 aprile del 1945,  punto di partenza per portarsi poi verso Menaggio e da qui cercare scampo in Svizzera o in Valtellina.

La sua fuga termina invece a Dongo il 27 aprile, sulle sponde del lago, dove viene catturato e il giorno successivo ucciso da una raffica di mitra da parte di esponenti partigiani.

Il giorno successivo, il 28 aprile, Como festeggia la definitiva liberazione con l' arrivo in città delle truppe alleate.